Testi critici
CLG Contro le Guerre a cura di Alessandro Allocco
ATB Associazione culturale Torino - 15 dicembre 2022 - 20 gennaio 2023
È come assistere ad una raffigurazione dell’intera storia del mondo, dei suoi drammi, delle sue ferite.
Esplorare le tensioni, le tragedie, le lacerazioni, i colpi, le colpe, i movimenti e le paralisi di questa contemporaneità per certi versi distopica, sia nelle metropoli inondate di luce che negli angoli più remoti e bui del pianeta, è un compito che gli artisti assumono su loro stessi, lasciando al fruitore l’onere di coglierne le piccole, accessibili verità che si insinuano tra la fascinazione delle superfici materiche e l’indifferenza di uno sguardo assuefatto e ormai assopito dall’inflazione tutta contemporanea del visuale.
La complessità delle opere di Mariella Bogliacino rende visibile un mosaico composito, eterogeneo, multiforme delle criticità dell’umanità attuale. Le ferite sono quasi un luogo della rivelazione dell’essenza umana, un ambiente filosofico di “non-indifferenza”. Le ferite di Mariella Bogliacino raccontano i drammi del mondo che ci circonda: quello immanente e quello trascendente fusi in un unico grande “Affresco” che ci è consentito toccare e che si fa portavoce di tutte le lacerazioni dolorose, di tutte le incongruenze e le miserie di questa nostra epoca.
Capire la sofferenza, guardarla, toccarla, ci rende consapevoli di essere vivi, di “essere”. La ricerca di Mariella Bogliacino ama pungolare, provocare, rendere impossibile l’assuefazione a formule che hanno a che vedere con la quiete del dogmatismo o la ripetizione acritica e convenzionale di usi e rituali.
Le opere di Mariella Bogliacino ci spingono a interrogarci e a fare delle profonde riflessioni su come curare le ferite del nostro mondo; su come avere il coraggio di vedere attraverso le spaccature; su come le ferite tracciate sulla tela arricchita dai più svariati materiali trasudino simbolismo e travalichino il confine tra pittura e scultura, tra bidimensionalità e tridimensionalità; su come le lacerazioni rappresentino un vero e proprio provocatorio strappo rispetto ai tradizionali parametri artistici, su come le devastazioni della guerra, le ipocrisie politiche, le irrazionalità e l’incapacità di un pensiero critico onesto ed etico intacchino ogni certezza umana e su come l’artista cerchi di unire lo spazio e il tempo attraverso le enormi potenzialità del colore e di una tecnica pittorica innovativa i cui orizzonti sono in continua evoluzione.
Le ferite sono imperfezioni, sono segni di sofferenza e tribolazione. Misurarsi con loro mostrandole orgogliosamente (come nell’arte del Kintsugi) può far sorgere una forma più completa di perfezione estetica e interiore poiché sono proprio le ferite, le difficoltà e le modalità in cui vengono affrontate ci rendono realmente, distintamente e meravigliosamente umani.
Alessandro Allocco
Ferite - Un grande senso d’angoscia, che comprende le Ferite inferte agli esseri viventi, sfocia in quelle che l’uomo infligge alla Madre Terra e rimanda ai periodi difficili che l’umanità sta vivendo.
La guerra…pare esista una sola guerra di questi tempi, come emersa dal nulla: ampliata, unica, irreversibile.
Armi, fanatismi, censure, propaganda, ipocrisie politiche, minacce...
Che siano passate o presenti le guerre conducono ad un’unica verità: il dolore fisico e psicologico che da sempre arrecano, la carne straziata e l’animo svuotato: sono questi i segni indelebili, che non guariscono del tutto/che faticano a regredire.
Poi ci sono i colpi inferti da armi più subdole, inosservate ma non meno taglienti, manipolate e celate da parole, gesti e sorrisi.
Le ferite possono guarire ma le cicatrici rimangono, nel profondo.
In questo vortice di sopraffazione e di violenza, dove la pace ostacolata sembra irraggiungibile, l’arte non può sublimare: è figlia del suo tempo ed ha il compito di risvegliare gli animi dormienti e far riflettere quelli più sensibili. Perché soltanto la ragione, la sensibilità, la consapevolezza, l’amore, possono contribuire al miracolo di un mondo migliore.
Mariella Bogliacino, ottobre 2022
CLG
Contro la Guerra
Contro l’invio di armi - Contro il traffico di armi
Contro le ipocrisie politiche
Contro coloro che ostacolano il processo di Pace
Torniamo a Ragionare – Anche se Non è più di Moda
CLG di Mariella Bogliacino – Dalle ferite di Mariella Bogliacino sgorga un sangue denso, quasi magmatico, condito di quelle che sono le brutture del mondo e dell’umanità tutta. La pelle, accartocciata su se stessa, risulta straziata da lacerazioni che sembrano, almeno per il momento, non rimarginabili. Se si dovessero descrivere con una sola parola le opere, verrebbe da dire: dolore. Un dolore intenso, viscerale, che scaturisce dal profondo dell’animo davanti alle ipocrisie che caratterizzano il nostro periodo storico. Mariella Bogliacino non può arrendersi e soccombere, si sente costretta a reagire, a lottare, a condannare, attraverso il suo lavoro, tutti coloro che nella vita si dimostrano indifferenti. L’artista ha il compito di far sentire la propria voce scavando, proprio attraverso le sue lacerazioni, anche nella propria esistenza. Le ferite possono essere colte come individuali, come segno inequivocabile della nostra sofferenza ma, in ogni caso, mostrano sempre una cifra esistenziale: riguardano tutti gli uomini, dal primo all’ultimo. Le guerre, le malattie, le disgrazie hanno sempre fatto parte del flusso della vita ma, oggi più di ieri, è difficile non rimanere feriti dalle notizie che soggiacciono alle ipocrisie moderne. La pelle si lacera, così come la Terra stessa, martoriata ed estenuata dai soprusi di chi, nonostante gli avvertimenti, non si dimostra interessato nel preservarla. Se i tagli di Fontana, seppur estremamente incisivi, risultano asettici, mirati e chirurgici, le Ferite di Mariella Bogliacino sono sporche, crude, carnali. In un mondo sempre più edulcorato e contraffatto, c’è bisogno di immagini pungenti e irritanti per scuotere gli uomini dal torpore confortevole dell’indifferenza e della rassegnazione. Con questo ciclo di opere, realizzate tra il 1995 ed il 2022, l’artista vuole riflettere in modo profondo sul concetto di pace, spesso abusato e snaturato. Le tele sono frutto della commistione di molti materiali diversi, a partire dal gesso per l’edilizia, colla, garze e colori acrilici dalle tonalità appariscenti ed evocative, e derivano da un lungo, e a tratti faticoso, processo di assemblaggio che mette l’artista nella condizione dell’attesa e della meditazione più introspettiva e pura.
In un momento storico in cui ragionare non sembra essere di moda, Mariella Bogliacino ci invita a farlo con il massimo grado di criticità possibile.
Viola Cortellini, 15 dicembre 2022
CLG – Le ferite di Mariella Bogliacino – Le “ferite” che vediamo quasi aprire i muri in una voragine sono come uno zoom sopra la lacerazione della pelle. Attraverso l’obiettivo il dettaglio si fa gigantesco e minaccioso. La stessa materia da cui ci siamo formati pare in procinto di inglobarci. In questo modo le opere ci mettono a confronto con le colpe che condividiamo in quanto responsabili, volendo parafrasare Sartre, non solo delle nostre scelte, ma, in quanto uomini, di tutto ciò che l’umano produce. La pittura “spessa” di Mariella Bogliacino assume il valore di una confessione per l’osservatore: guarda cosa il male produce, e tu che cosa hai fatto? Le opere invadono lo spazio, ne prendono possesso e conseguentemente invadono le coscienze in quello spazio vaganti.
Sebbene siano presenti anche accenni di figurativo, la poetica dell’artista raggiunge la massima potenza quando si libera delle immagini visibili, per lasciare spazio a quelle che non vorremmo vedere: il sangue da cui distogliamo lo sguardo, in quanto ci ricorda che siamo anche noi composti di materia, e ogni oltraggio a questa inevitabilmente si ripercuoterà sul nostro tentativo di trascendenza, di sentirci angeli senza renderci conto della morte che ci circonda
Riccardo Bordin, dicembre 2022
A come Amore a cura di Francesco Corsi,
ArtinGenio Museum, Officine Garibaldi, Pisa - 12-30 maggio 2022
A come Amore “A come Amore”, ma anche A come Afrodite, A come Arte, sono i temi della mostra di Mariella Bogliacino che prendono vita il 12 maggio 2022 presso ARTinGENIO MUSEUM di Pisa, in contemporanea con la mostra di Fernando Montà “Eco Essenza” che sviluppa il tema della riflessione sulla Natura e l’approccio filosofico e panico al mondo. Mariella Bogliacino e Fernando Montà, due artisti impegnati in una ricerca sulla materia sul colore e sul segno, ci fanno immergere nelle profondità della vita, nelle “ferite” del mondo, attraverso il segno, il mito, gli elementi della natura. Opere di grande forza emotiva per entrare nelle pieghe laviche della materia, dove il sangue della terra trasforma la violenza nel sacro e la trasfigura nelle visioni spirituali incarnate nei simboli della storia umana. Non è un caso che Mariella Bogliacino oltre ad aver prodotto importanti opere pittoriche si sia dedicata alla creazione di libri d’artista: il libro è il veicolo principale del linguaggio, dove i segni e i simboli hanno guidato l’essere umano, dagli antichi testi sacri, ai medievali codici miniati, ai trattati esoterici, alchemici e scientifici. Il libro è raccolta di cenni, di segni, di ispirazioni che aiutano l’umanità a “leggere” il cosmo e diventa vita medesima nel farsi opera d’arte. II libro d’artista sembra quasi vivere di vita propria, interrogando lo spettatore a esperirne il linguaggio che va oltre le mere parole. “Paesaggio invisibile” è lo sguardo che attraversa la desolazione della terra, lasciandoci immaginare un orizzonte che sta oltre i sensi. Una sorta di riferimento metafisico a risvegliare lo spettatore sul fatto evidente che il significato è impalpabile e fa parte di quelle cose invisibili che ci consentono di comprendere il mondo. “Libro Afrodite” è il libro dell’amore che sanguina, perché la dea si è ferita per salvare Adone dalle spine. E dalle spine nasce la rosa che l’artista inscrive con pittura materica in un quadrato tra cielo, terra, divini e mortali. Il ventre della madre terra, tra lava e sangue, è il cuore dell’umanità che pulsa nel “Ventre di Afrodite”. L’oro che “splende di mite splendore” è la luce del mondo, il riscatto prezioso della sofferenza, il punto di arrivo escatologico, un’Omega che è tuttavia Alfa nell’essere origine. Per questo la “A” dell’Amore della Bogliacino prende corpo con una doratura che è luce sul sacrificio umano e sulla sofferenza cosmica. L’artista racconta il ciclo dell’essere, teatro della metamorfosi, metamorfosi della Ninfa trasformata dall’ira di Eros in una Colomba. La Colomba, simbolo sacro non solo greco, ma anche cristiano, è la via del cielo per il ventre di Afrodite. Perché il cielo è la conquista della terra, ma anche l’origine della terra medesima, in un flusso circolare che ben avevano compreso gli antichi: “Come in cielo, così in terra”.
Francesco Corsi
Nelle Opere di Mariella Bogliacino Il Magico Percorso della Vita tra Mito e Natura
a cura di Luciano Carini
Si inaugura oggi, alle ore 18,"Vita, Mito, Natura", prima mostra personale dell'artista piemontese Mariella Bogliacino nella nostra città. In esposizione un'esauriente panoramica della sua produzione con opere di diversi periodi, compresi i suoi famosi libri d'artista.
Alla Galleria d'Arte Contemporanea “STUDIO C” di via Giovanni Campesio 39, si inaugura sabato 17 ottobre, alle ore 18, la mostra personale di Mariella Bogliacino dal titolo “Vita, Mito, Natura”.
Nata a Mondovì (Cn), vive e lavora a Torino, Mariella Bogliacino vanta un variegato e interessante curriculum critico-espositivo fatto di mostre, personali e collettive, tenute in Italia e all’estero. Articolato e complesso anche il suo percorso artistico che, dopo il traguardo accademico, si è sviluppato in una lunga e approfondita attività di ricerca all'interno di molteplici e diversificati mezzi espressivi che spaziano dalla grafica alla pittura, dall'assemblage alla scultura per giungere fino alla raffinata ed elegante creazione di “libri d'artista”, concentrandosi sempre, con competenza e abilità tecnica, sulla natura mutevole della percezione, sui meccanismi della visione della rappresentazione, sull'aspetto polisemico delle immagini.
Artista a tutto tondo, dunque, carica di vitalità ed energia e ancora oggi impegnata a creare e produrre in un vero e proprio vortice multidisciplinare dove i vari ambiti si fanno “vasi comunicanti” dialogando tra loro, dando vita ad un'unica, grande vena espressiva.
Appassionata del suo lavoro, ha sempre proceduto con metodo e rigore quasi scientifici affrontando varie tematiche, analizzando argomenti, entrando direttamente, con coraggio e intelligenza, nelle più svariate problematiche del nostro tempo. Ha sempre proceduto per cicli, Mariella Bogliacino (Ferite, Mito di Afrodite, Magma ecc), seguendo sempre il suo stile, il suo linguaggio, il suo modo di intendere e concepire la comunicazione artistica, un figurativo interpretato e talmente sintetico, libero ed evoluto da rasentare, in molti casi, l'espressione Informale. Nel complesso un linguaggio di straordinario gusto estetico, con caratteristiche e risultati del tutto personali perchè fortemente giocati sull'istinto e le emozioni, sulla lettura e l'interpretazione dell'interiorità, sulla magica e straordinaria forza del sentire poetico.
Così, per questa mostra piacentina, l'artista ha deliberatamente optato per un'esauriente panoramica della sua produzione presentando opere di diversi periodi e tematiche.
Sono dipinti di grande forza e personalità che rivelano una ricerca prolungata e continua del segno, del colore e del gesto giunta ormai ad una maturità piena e che si manifesta chiaramente nella potenza della scala cromatica, nella leggerezza e delicatezza dei tracciati, nell'eleganza delle forme adottate. Dai dipinti di Mariella Bogliacino si dipartono vere e proprie esplosioni di colore, improvvise aperture e squarci di profondità che aprono a mondi sconfinati e sconosciuti che diventano simbolo e metafora dell'ignoto e dell'inconscio. Sono paesaggi interiori, visioni dell'anima, emozioni intense e sentite espresse con rapidità e immediatezza seguendo il libero istinto, l'esperienza, la pura creatività, l'ispirazione del momento. Così facendo, colore e gesto vengono a costituire intime e suggestive atmosfere di un simbolismo ancora e sempre presente all'interno del quale, spesso, permangono tracce leggere ed evanescenti di realtà capaci di creare un ponte di comunicazione tra il visibile e il non visibile, tra spirito e materia. Colpisce poi, nell'espressione di quest'artista, la ricerca della terza dimensione, l'uso equilibrato ed armonico di svariati materiali, la sapiente bilaciatura degli spazi e dei ritmi compositivi. Nella rassegna non mancano poi i suoi famosi “Libri d'Artista”, un genere che purtroppo, in Italia, si configura ancora di “nicchia” ma che, grazie ad artisti come Mariella Bogliacino e pochi altri si sta divulgando sempre più, attirando l'attenzione di esperti e collezionisti.
I libri della nostra artista sono vere e proprie opere d'arte, uniche e preziose che nelle loro pagine portano impresso tutto il suo mondo pittorico e creativo. Sfogliandoli e seguendo il loro percorso esecutivo, vera e propria soddisfazione tattile e visiva, troviamo forma, colore, materia e scrittura in un equilibrio formale di rara bellezza ed eleganza. Libri che diventano sculture, oggetti rari e preziosi, importanti e moderni codici miniati.
La rassegna, che sarà introdotta dal gallerista e critico d'arte Luciano Carini, chiuderà il 29 ottobre.
Luciano Carini
Vita Mito Natura, Galleria Studio C arte contemporanea, Piacenza - dal 17 al 29 ottobre 2020
Mariella Bogliacino - Il TEMPO e la MEMORIA 2017 a cura di Silvana Nota
Simbologie e il Mito di Aphrodite - Canto d’Amore alla MadreTerra
Artista visuale, già docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico statale “Renato Cottini” di Torino, accanto all’attività nel campo della pittura e pittura plastica bidimensionale - tridimensionale, del libro d’artista, delle scritture calligrafiche e delle nuove tecnologie applicate all’arte, collabora con gallerie e istituti scolastici nello sviluppo di progetti artistici, portando avanti, in parallelo, un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero.
In mostra presenta una serie di opere a muro, e installative, che esprimono l’essenza della sua ricerca incentrata intorno al Mito di Aphrodite e al suo riferimento alla Grande Madre e alla Natura.
Nascono da questo punto di partenza i cicli tematici legati alla Dea e ai simboli fondamentali della sua figura: i Vulcani, la Colomba, la Rosa, il Delfino, che nell’ elaborazione artistica assumono il ruolo di ulteriori fonti d’indagine poetica tra cui Il Ventre di Aphrodite, Madre feconda, generatrice di vita e di bellezza. La lettera A, che affiora in molti lavori come costante, coincide con l’iniziale di Aphrodite ma anche con la parola Amore, simboleggiando la forza creatrice e la passione tra Terra e Cielo. Un universo, quello di Mariella Bogliacino, dove l’amalgamarsi di spirito e materia danno origine a rinnovati spazi di pensiero sulla cui onda si delineano comprensioni che superano tempo ed epoche. Per esprimerne tutta l’intensità, ultilizza nei propri lavori impasti di rossi caldi e profondi sui quali l’oro si adagia con eleganza, accostandosi alle tonalità fredde ed eteree del mare.
Opere che trovano ulteriori e originali esiti nelle versioni videoart e gif, realizzate con libertà sperimentale alla luce del suo linguaggio stilistico e concettuale.
Silvana Nota
testo critico per "Il Tempo e la Memoria" (Bogliacino-Erovereti-Montà-Sorda)
Palazzo Lomellini - Carmagnola, dal 10 marzo al 9 aprile 2017
https://www.premioceleste.it/ita_artista_news/idu:63792/idn:38720/
APERTAMENTE 2016
è una mostra retrospettiva, nella quale Mariella Bogliacino si relaziona con lo spazio circostante, che si delinea e rinnova nelle diverse collocazioni delle opere, trasferendo sulle superfici idee e composizioni potenzialmente illimitate.
Si va da un'opera del periodo giovanile di fine anni '70 a quelle più sintetiche degli anni '80-'90, sino ad arrivare alle più recenti.
Le opere piu' essenziali preludono all'evolversi dello stile e della tecnica verso la ricerca attuale.
Questi lavori pittorici sono composizioni nelle quali la lettera A - intesa come origine e principio cosmico - si associa ad un immagine, assumendo significato e creando nella mente dell'osservatore un forte legame evocativo e comunicativo.
Sul piano della ricerca si fa strada un forte bisogno di passare dalla pittura bidimensionale a quella più materica, che porterà l'artista ad esplorare in modo differente forme e colori, dando vita ad una serie di frammenti figurativi e tridimensionali.
Verso la metà degli anni '90 avviene l'incontro con il libro d'artista: interessata a sperimentare questa originale forma espressiva Mariella scopre nuove prospettive creative: è per lei un momento particolarmente proficuo, che la spinge ad un'analisi di forme realizzate con l'uso di pittura, scrittura e scultura.
Da questo momento la ricerca si arricchisce dei nuovi e fondamentali elementi, che la seguiranno sino all'attuale percorso.
Con curiosità studia e approfondisce le tematiche a lei care: la natura e la mitologia greca, nonché le problematiche dell'esistenza, che in "Magma", "Vulcani", "Delfini" e nel "Ventre di Afrodite" troveranno il terreno adatto per l'approfondimento di questo affascinante universo.
Fondamentale permane il concetto di ciclicità del tempo, in quanto Mariella Bogliacino non considera mai concluse le sue fasi produttive: come nella vita e nella natura si ripete l'alternanza delle stagioni in un continuo fervore di luci e colori, così nella sua pittura il passato è il punto di snodo di una ricerca sempre in divenire, dal quale attingere e trarre nuove idee e proposte.
Irene Montà, marzo 2016
Sit number 15: Il VENTRE di AFRODITE
Mariella Bogliacino
Una mostra pittorica e contemporaneamente plastica, che vede protagonisti gli ultimi lavori dell’artista piemontese.
Il tema del ventre di Afrodite, già affrontato dalla Bogliacino sul libro d’artista e su una serie di opere su carta, si è arricchito di nuovi elementi in questa ultima produzione pittorica.
Da sempre animata da un profondo interesse per la natura e la mitologia greca, l’artista rivolge la sua attenzione al dualismo dea-donna e alla femminilità intesa nei suoi aspetti più profondi e incisivi:forza creatrice e creativa, capacità di amare e generare, di trasformarsi e trasformare.
La sua è una pittura raffinata, materica e gestuale, in cui linee sinuose disegnano il corpo della Dea, avvolta in panneggi che emergono dalla tela come bassorilievi.
Accanto alle tele ispirate alla figura dell’Afrodite di Milo, troviamo i simboli che accompagnano il mito della dea: la rosa, le colombe, il mirto,il melograno…in un discorso di continuo approfondimento delle matrici – Natura e Mito - al centro della ricerca dell’artista.
Simboli e miti che trovano radici in tempi antichi ma che divengono più che mai attuali nell’interpretazione e nel gesto pittorico, al contempo delicato e vigoroso, così caratteristico delle opere di Mariella Bogliacino.
Npg Veronica Perrone Renato Bongiovanni
Mostra a cura di
Npg - Non Permanent Gallery
Testo critico
Irene Montà
“Il tema del Ventre di Afrodite compare per la prima volta nel 2006 in occasione dell’ Artist’s Book Exhibition della città di Székesfehérvàr, in Ungheria.
La ricerca - basata inizialmente sul libro d’artista e su una serie di opere su carta – si arricchisce via via di nuovi elementi, per culminare poi nel 2009 con l’attuale ciclo di opere omonime.
L’artista, da sempre affascinata dall’arte e dalla mitologia greca, si sofferma nuovamente sulla figura dell’Afrodite di Milo, che diventa l’emblema del dualismo Dea-Donna, mediante il quale il divino e l’umano si mescolano l’un l’altro, quasi a formare un tutt’uno.
Mariella Bogliacino fa assumere alla figlia Irene la posa della celebre statua ed in questo anche la scelta della modella non è casuale, in quanto il “Ventre di Afrodite” significa tutto: contenere, generare, amare … una mostra tutta al femminile per sottolineare ancora una volta la forza primigenia della natura e la prorompente energia che scaturisce dal ventre della Madre Terra.
L’intera esposizione è permeata da uno spiccato simbolismo, che ha come protagonista la materia, il corpo: l’artista immagina di rivestire, come allora, la modella che posava per l’Afrodite di Milo ed assesta con cura le pieghe sinuose della tunica umida che lambisce il corpo, per poi cogliere l’essenza del tutto.
Le tematiche Natura - Mito evolvono quindi dalle precedenti ricerche e traspongono sulle tele contenuti sempre nuovi ed attuali, come in una sequenza continua.
I simboli della dea, tra i cui numerosi appellativi figurano anche “Anadiòmene”(emersa dal mare), “Antheia” (dea dei fiori e protettrice dei giardini) ed “Aurea” (così venne chiamata da Omero in poi) si perdono invece nella notte dei tempi e sono quelli di cui è costellata la mitologia e la letteratura greca: la rosa, il mirto, il melograno, i delfini, i cigni, le colombe (che trainavano il suo carro), i passeri … Una suggestiva leggenda narra di Afrodite che, correndo in aiuto di Adone morente, si punge il piede con la spina di una di quelle rose bianche che diverranno scarlatte perché intrise di quel sangue divino, laddove il sangue di
Adone versato sulla terra sarà l’emblema della rinascita. Tale episodio è stato tramandato da alcuni autori greci e dal poeta Claudiano, mentre nel famoso Epitaffio di Adone, Bione di Smirne narra di rose sbocciate dal sangue dell’amato e di anemoni nati dalle lacrime della dea ( “… scorre il pianto di Afrodite, scorre il sangue di Adone: le gocce, a terra, diventano fiori. Nasce la rosa, dal sangue; dalle lacrime l’anemone”).
Una peculiarità dell’esposizione è data dal fatto che alcune opere sono speculari: la rosa bianca rimanda infatti a quella rossa, il cui tono acceso evoca a sua volta gli scenari infuocati di Efesto, sposo di Afrodite.
Inoltre, la rosa spirale assume anche una valenza simbolica (il sesso femminile), mentre la materia delle opere rimane quella “magmatica”, che scaturisce dalle viscere della terra per poi immergervisi ancora, dando la sensazione-illusione di trasformarsi da sé in un assiduo fluire…Già a partire dal V secolo a.C. con il celebre aforisma “πάντα ῥεῖ" (”Panta rei”, tutto scorre) la filosofia eraclitea esprimeva in modo magistrale il continuo evolvere del tempo, degli elementi, nonché di noi stessi uomini, immersi nell’universo di un incessante divenire, intenti a ricercare l’essenza primigenia delle cose, quasi a sfiorare le sconfinate
profondità dell’anima.
L’esposizione comprende alcuni lavori frutto di precedenti ricerche, quali il Libro Afrodite e Vulcani 2000, dai quali deriva l’attuale percorso.
Irene Montà, 2009
Delfini a cura di Andrea Scagliarini – Galleria Artheos -Torino 2002
Delphinus non homini
tantum amicum animal,
verum et musicae arti.
PLINIO, Naturalis historia IX, 8
Chi conosce l’opera di Mariella Bogliacino potrebbe scorgere in questo nuovo ciclo di opere un vistoso iato rispetto alla produzione precedente. Algidi cromatismi, nuove sfumature, una dimensione lirica più trasparente o un rapporto con il mythos meno problematico.
Il nuovo ciclo dei Delfini ci guida, infatti, attraverso una prospettiva di pittura referenziale apparentemente meno simbolica e più immediata. Le eleganti forme dei cetacei che si fanno e si disfanno nella struttura modulare delle composizioni contribuiscono a rendere il gesto pittorico nuovamente protagonista rispetto alla profusione di quella materia, ora simbolicamente lacerata, ora violentemente magmatica, che ha contrassegnato, negli anni, il percorso dialettico dell’artista.
Ma questa abdicazione al mito risulta solo apparente: in realtà, il topos dei delfini c’induce a riflettere sul mito stesso riconsiderando il destino dell’uomo nel suo drammatico rapporto con la natura e con le emergenze ambientali del pianeta. Se poi il delfino, delphinus delphis o nella sua variante tursíops truncatus, è per sua natura un essere incline ad un comportamento ilare amicale ciò si deve solamente alla sua innata intelligenza e alla sua capacità di percepire suoni e immagini attraverso impulsi anche a grandi distanze. Mariella Bogliacino non poteva ignorare i luoghi dell’immaginario o gli straordinari risvolti scientifici e antropologici legati a questo mammifero. Fin dall’antichità il delfino ha affascinato le civiltà dell’Egeo, la pittura vascolare, l’arte musiva, i filosofi ellenistici, gli antichi naturalisti o gli scrittori latini. Si pensi ai soggetti marini dell’arte tardo minoica negli affreschi di Cnosso, ai mosaici di Delo, alle erudite osservazioni di Aristotele e di Plinio per proseguire, nei secoli, fino agli elementi scenografico-decorativi delle fontane barocche romane. La civiltà cretese immaginava che il delfino fosse preposto ad accompagnare gli uomini nel loro ultimo viaggio verso l’Aldilà.
Meravigliose leggende sui delfini amici dell’uomo o sensibili alla musica, sono state narrate o raccolte da Erodoto e successivamente da plutarco e da Gellio. Nella mitologia lo ritroviamo come essere sacro ad Apollo e Poseidone o spesso accostato alla figura di Afrodite, figura già approfondita e rielaborata dall’autrice.
Un soggetto facile? Non direi. Il confronto con il mito non è mai rassicurante come ci hanno insegnato i Dialoghi di Pavese. E se l’ansia di ogni autore, postula il critico Harold Bloom, è quella di sottrarsi ai predecessori, questo ciclo di opere sembra uscire affrancato dai vincoli di una siffatta ansia creativa. D’altronde, cercare un riferimento a questa pittura così dichiaratamente materica e gestuale, non può che indebolire la nostra lettura anche indagando a fondo i suoi risvolti espressivo-figurativi.
Ciò che a distanza di anni continua a rendere interessanti questi lavori è innegabilmente l’uso personalissimo delle tecniche miste che sottintendono alla natura della ricerca espressiva.
L’impiego di materiali “poveri” come colle viniliche, gesso per edilizia, vernici acriliche con tempi di essicazione estremamente ridotti che non consentono nell’esecuzione margine alcuno di errore, concorrono a ridefinire il gesto pittorico unico e irripetibile sia nelle tele di piccole dimensioni che nelle superfici più ampie.
La ricchezza di questa scrittura pittorica trova inoltre un’ulteriore conferma nelle modalità del Libro d’artista cui l’autrice sembra non volervi rinunciare, quasi un passaggio obbligato, dopo le collettive in ambito europeo.
Questo ciclo pittorico dedicato ai delfini sottolinea dunque la continuità di un percorso dialettico, suggestivamente iniziato con la serie de I Vulcani, ove l’elemento terreo e primigenio del Fuoco diviene ora complementare con l’elemento acqueo. Mariella Bogliacino esprime così, in divenire, le ricerche estetiche del suo inesauribile itinerario artistico.
Andrea Scagliarini, marzo 2002
VULCANI
Il fuoco irrompe con violenza dal cratere vulcanico scagliando in alto nel cielo notturno lapilli luminosi. Il magma scorre lento ma inarrestabile lungo i fianchi della montagna in un’ampia colata incandescente che cancella ogni cosa.
Non è la scena di un film catastrofico e neppure la suggestiva ripresa di un’eruzione dell’Etna, ma l’ultimo lavoro pittorico di Mariella Bogliacino, che ha per tema appunto i VULCANI.
Evoluzione del precedente ciclo Magma (supporti esagonali raffiguranti porzioni di lava illusoriamente trasformati in cubi), l’opera si sviluppa nello spazio in una serie di multipli la cui matericità sfiora realisticamente la plasticità magmatica.
Non sono nuovi nei dipinti della Bogliacino gli effetti tridimensionali; le tecniche miste , usate anche nei precedenti lavori, instaurano un rapporto simbiotico tra i materiali impiegati e i soggetti raffigurati (nel ciclo Ferite le pieghe delle garze sovrapposte diventano le rugosità dolenti della carne lacerata).
Nel lavoro Vulcani l’uso di gesso e colla, elementi poco duttili – invece della creta molto più malleabile – dà origine ad un amalgama dalla consistenza simile a quella lavica. La plasticità del segno è quindi anche il risultato dell’impegno gestuale determinato dalla scelta di materiali poco arrendevoli e di rapida essicazione – così come la solidificazione del magma a causa del raffreddamento. La realizzazione dell’opera è dunque concettualmente una sfida che coinvolge anche la sfera fisica, una lotta contro il tempo e l’opposizione della materia che simbolicamente riflette l’energia della natura.
“Percorso esistenziale”, come lo definisce l’artista, Vulcani ha un doppio legame coi lavori precedenti: l’implicita matrice classica e la forte valenza simbolica.
Rispetto alla prima, anche se indiretta, è evidente la relazione con il lavoro su Afrodite: Vulcano (Hefesto per i greci), il dio zoppo, era lo sposo – tradito – della più bella tra le divinità femminili. Ma la bellezza dell’una e la deformità dell’altro rappresentano le due facce della stessa medaglia: la duplice energia della natura, espressa dal corpo e dal ventre fecondo della dea nelle opere legate ad Afrodite, dal prorompente cromatismo igneo in quelle sui Vulcani.
Venere è la dea dell’amore nella sua forma fisica e del piacere dei sensi, è forza vitale e pura gioia di vivere; Vulcano , il fabbro divino, è l’ artefice che cattura la bellezza nella sua forma esteriore, indifferente ad ogni valore o fine morale delle proprie opere. Conferisce però movimento e vita alla materia inanimata (come il fango con cui ha plasmato Pandora) e, secondo un poema orfico, “trasforma in ardore vitale … tutto ciò che è fiamma nell’universo”. Così il magma primordiale, cuore incandescente della Terra, da materia inanimata si è trasformato in organismo vivente.
E ad un organismo vivente fa pensare una delle opere : una lunga sequenza di moduli rettangolari in cui l’alternanza di luce e ombra, terra e fuoco, vuoto e pieno
creano un ritmo di adagi e maestosi andanti. Dal cratere esplosivo della tela centrale si dipartano due interminabili scie infuocate che avanzano o arretrano lungo crinali ondeggianti in rilievi e avvallamenti come il profilo sinuoso di un corpo disteso. Ma è un corpo ferito così come ferita è la Terra, ed il magma che fuoriesce dalle fratture della roccia è la linfa vitale dell’immenso corpo terrestre che scorre come il sangue dalla pelle lacerata delle Ferite. Macrocosmo e microcosmo si contrappongono e coesistono. La carne e la roccia, pur nella loro apparente diversità, sono creature vive, unite dal destino comune a tutto ciò che ha un’origine: esaltazione e angoscia, creazione e disfacimento. Le lacerazioni della carne però, quasi fossero automutilazioni, sono cromaticamente e formalmente più controllate, nel lavoro Vulcani invece il turbamento dinanzi all’immane forza della natura si traduce in un’esplosione cromatica e una libertà gestuale ancora più intense che nei lavori precedenti.
E mentre si osserva l’impetuosa eruzione che incendia e tormenta il cielo notturno, seguendo la ricaduta dei lapilli che si smorzano, si affaccia alla mente un’immagine dantesca: “…piovean di foco dilatate falde, come di neve in alpe sanza vento … “
( Inferno XIV ).
Maria Erovereti – settembre 2000
Galleriasommeiller- Pinerolo (To) dal 4 al 26 novembre 2000
AMARE
Amare colori e forme. Questa è, a tutte lettere, la peculiarità del percorso estetico di Mariella Bogliacino, insito sui valori del mezzo pittorico, qualificando con verifiche e approdi successivi le sorgenti emozionali decantate in una rigorosa progettualità.
Dalle primissime esperienze di marca naturalistica dove virgulti e ramaggi si avviluppavano per tutta la lunghezza del foglio di carta, si assiste ora ad una progressiva cristallizzazione del segno in forma di lettera o, totalmente dissolto nella materia cromatica. E in tal caso la matrice classica emerge in queste doppie valenze, contemplate nel termine greco "στοιχεῖον" (stoikheion) che indicava contemporaneamente segno e materia, lettera ed elemento. Infatti il segno A che appare in molte opere qui esposte è un concetto innanzitutto linguistico, è un suono ma è anche evocatore di energia, la stessa energia pulsante emessa da ogni singolo quadro, porzione di spazio che presuppone, attraverso una forma analitica di germinal painting, un propagarsi allo spazio reale.
Amare le doppie valenze per la Bogliacino significa dunque focalizzare una riflessione in termini estetici fra le lettere, entità minime della comunicazione, e gli elementi primordiali come la terra, il mare, il cielo, instillando a noi osservatori la sensazione di essere medialisticamente in possesso di un occhio meccanico, le cui zoomate ci procurano effetti acquei o terrosi suggerendo una dilatazione anche in profondità. Una profondità fluente che non si distingue dalla superficie ma si identifica con la sua qualità luminosa.
Inevitabilmente il segno A acquisisce valore di psicosmogramma e diviene portatore di un significato potenziale, mediatore tra l’uomo e il cosmo, le cui proliferazioni di senso si configurano, alla fine di questo Millennio, come rimandi puntuali ad una quintessenza esistenziale priva ormai di identità certa e di un “the end” che chiuda le innumerevoli narrazioni.
Marzo 1993 Ivana Mulatero
LA NATURA e LA CULTURA
Il lavoro pittorico (e plastico contemporaneamente) di Mariella Bogliacino può essere letto, in primo luogo, come “opera potenziale in divenire’ che contiene insite possibilità narrative e denotative, atte ad esprimere, a partire dalla loro pura essenza germinale, un’idea su una natura fortemente permeata dalla cultura contemporanea. Tale stato associativo ci guida inoltre verso l’idea di un tempo che muovendo da un remoto passato, transita senza soluzione di continuità nel nostro presente, per accamparsi in un probabile futuro senza fissa dimora. Sappiamo che il divenire rappresenta il passaggio dalla potenza all'atto e, nel suo continuo attuarsi, sposta il piano della virtualità a quello del reale conosciuto. Ma in questi lavori recenti dell’artista piemontese, il livello esplicativo sembra non attuarsi mai completamente: rimane sospeso nello stadio della virtualità, dato che le informazioni provenienti dai suoi segni non sono volutamente intelleggibili, totalmente espresse, perdurando invece in uno scarto particellare di traccia, di lettera tronca, ossessiva, in grado di evocare, di creare rimandi solo se legata alla sfera mentale dell’osservatore. Questa presenza emblematica, che appare costantemente nei lavori, tagliata in frammenti rigidamente geometrici, sezionata nei suoi elementi compositivi, si intuisce essere la prima lettera di tutti gli alfabeti, posta a continuo richiamo del sistema comunicativo, quasi a sancire il mutamento esperienziale di un tempo spostato da una prima lontana origine ad un ipotetico punto finale. La A (di Aleph, di borgesiana memoria?) è il punto iniziale (oscuro, incerto...) dell’universo, il sintagma tronco dell’enfasi strumentale del Creatore, il primo moto manifesto del Verbo.
Nei lavori della Bogliacino, questa lettera pare subisca un processo di perdita dell’identità, per assumere altre valenze misteriose che rimandano ai codici indecifrabili dello spirito, agli strati sotterranei della memoria sensibile. L’insieme, spesso modificabile dei pannelli (alcuni dei quali, dove appare la A, sono trattati con una materia pittorica, quasi impalpabile e gli altri assumono l’aspetto plastico di pieghe e colate laviche brunile), richiama, per assonanza, l’essenza fluidica dei quattro elementi: ctonio terrestre, mobile acquatico, etereo arioso, serpentino infuocato.. .Si oscilla così da una visione originaria celata nelle pieghe dell’inconscio ad una percezione contemporanea che ne irrigidisce la naturalità raffreddandola nell’impressione tattile del metallo tecnologico. Questa condizione ossimorica è anche riscontrabile in due diversi livelli immaginativi: il primo, percepito nella reale distanza del passato, si coagula in un profondo e brulicante cosmo vulcanico, diluito in atmosfere pregnanti, mentre il secondo, più aereo nella sua nuova e ambigua superficie, diventa secca espressione di mobile e cristallina bidimensionalità, quasi una interfaccia proiettata verso un futuro virtuale. Infatti, se gli scomparti delle pieghe tridimensionali hanno abbandonato l’aspetto culturale delle garze sovrapposte e trattate, per rivestire l’aspetto naturale delle rughe dell’essere, con tutto il brillio dei loro pigmenti dorati, la pelle pittorica (su cui si adagiano le tracce della A) ne allontana l’insita naturalità, collocandola in una dimensione culturale più specifica: una dimensione che non può fare a meno del lucido intervento della mente, grande e necessaria codificatrice del possibile.
Miriam Cristaldi
Genova, maggio 1994
CENTRO CULTURALE VALDESE - SALA PASCHETTO
TORRE PELLICE
Opere di Mariella Bogliacino dal 14 al 29 maggio 1994
Anche in questi ultimi lavori Mariella Bogliacino si interroga quale sia il rapporto fra colore e materia, quale nesso ci sia fra apparenza e sostanza, quale relazione si instauri fra la natura dei materiali, dei pigmenti, lo schema compositivo dell’opera e la percezione mentale.
Ancora una volta ritornano gli anagrammi con la lettera A che nei lavori precedenti componevano le parole amare, amore... Ora la lettera non essendo associata a null’altro che a se stessa, in un rimando quasi speculare, si identifica con l’acronimo di Arte. Inoltre l’artista inserisce nuove sfumature cromatiche alla sua tavolozza che si impreziosisce di tutte le sfumature del rosso, del bruno, del bronzo dorato. Sono colori ricchi di memorie dove si avverte, oltre ad una sottile eco alchemica, una forte emozionalità che si estrinseca nella turbolenza e nella fioritura della materia pittorica, quasi una metafora del Xαoς (Caos) primigenio che si sta trasformando in cosmo. La ricerca di Bogliacino va oltre l’assunto concettuale del simbolo grafico che si fa parola e diventa racconto, ma si trasforma in immagine e accende nuovi sguardi prospettici. Le sue investigazioni sul colore dilatano i tempi della percezione attraverso il gioco delle sovrapposizioni, delle trasparenze, delle stratificazioni e delle velature. Il protagonista è lo spazio: questo spiega perchè i suoi quadri a mò di installazioni si scompongono e si ricompongono in forme verticali e orizzontali; sono geometrie ossessionate dall’idea di libertà come ansiosa ricerca del proprio cammino. Tutto ciò lo si nota nel rigore delle cadenze ortogonali del substrato, della tavola che poi si raggruma, si rapprende in rugosità, in linee parallele e tutta l’architettura dell’opera si liricizza: al colore si contrappone la materia, al gesto il segno. E’ un dipingere che crea spessori, accenni tridimensionali, che ne rivendica l’aspetto ludico a favore di una nuova libertà mentale e lievità poetica nell’ideazione.
Aprile 1994
Giovanni Cordero